Sorry No Shortcuts

SAGG Napoli

Ordet, via Filippino Lippi 4 

Commissioned for the launch of Mental Athletic Issue #4
Powered by Nike

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SAGG Napoli 

Sorry No Shortcuts

La pratica di SAGG Napoli mette costantemente in scena il corpo atletico come campo di negoziazione tra disciplina e vulnerabilità, controllo e collasso, ripetizione ed esposizione. Attingendo alle economie dello sport, alla cultura dell’allenamento e alla performance, il suo lavoro sottrae lo sforzo fisico alla retorica del risultato per reinscriverlo in quella della persistenza, intendendo la resistenza meno come trionfo che come confronto continuo con il limite, la fatica e la possibilità dell’arresto.

In *Sorry, No Shortcuts*, installazione site-specific sviluppata con Nike, l’architettura della pista di corsa viene trasformata in un diagramma spaziale dell’attrito. Testi incisi direttamente nella superficie — frammenti, aforismi, proposizioni — articolano un linguaggio dello sforzo e dell’interruzione. Queste iscrizioni sono parzialmente sepolte da sabbia vulcanica, rendendo la leggibilità intermittente e instabile. Il movimento lungo la pista diventa irregolare: rallentato, ostacolato, deviato. Il progresso non è più lineare, ma distribuito tra esitazione, errore e ricalibrazione.

Piuttosto che presentare la corsa come metafora di trascendenza o auto-superamento, il lavoro insiste sulle sue condizioni materiali: gravità, abrasione, respiro, resistenza. La sabbia vulcanica opera simultaneamente come ostacolo e residuo, come interruzione formale e materiale storico. Introduce una seconda temporalità nell’opera: il tempo geologico innestato in quello corporeo, l’eruzione nella routine, la catastrofe nell’allenamento.

SAGG Napoli pone il corpo non come spazio di liberazione, ma come interfaccia sottoposta a protocolli — di produttività, recupero, ottimizzazione. La disciplina non è presentata come eroismo, ma come infrastruttura: un sistema di ripetizione attraverso cui il corpo viene plasmato, sostenuto e messo a rischio. Se l’amore compare nell’opera, non è romanticizzato ma reso operativo: una forza vincolante che sostiene la routine mentre erode il soggetto che la incarna.

Il visitatore non incontra l’installazione come spettacolo, ma come condizione. Percorrere la pista significa abitare il ritardo e la deviazione, mettere in atto l’incertezza anziché la conquista. Il progresso collassa nella manutenzione. L’allenamento diventa indistinguibile dalla riparazione. Il corpo si muove — non in avanti, ma attraverso.

*Sorry, No Shortcuts* propone la resistenza non come ideale etico, ma come questione politica. Interroga che cosa significhi rimanere operativi in condizioni di esaurimento, quando l’aspirazione incontra la resistenza materiale, quando la disciplina inizia ad assomigliare alla sopravvivenza. In una cultura urbana organizzata intorno a velocità, accelerazione e produttività, SAGG Napoli riconfigura la lentezza non come fallimento ma come forma di esposizione: all’attrito, alla fragilità, al lavoro del continuare.

ENG

SAGG Napoli’s practice consistently stages the athletic body as a site of negotiation between discipline and vulnerability, control and collapse, repetition and exposure. Drawing from the economies of sport, training culture, and performance, her work displaces physical exertion from the register of achievement into that of persistence, staging endurance less as triumph than as a continuous confrontation with limit, fatigue, and withdrawal.

In Sorry, No Shortcuts, a site-specific installation developed with Nike, the architecture of the running track is transformed into a spatial diagram of friction. Text inscribed directly into the surface of the track—fragments, aphorisms, propositions—articulates a language of effort and interruption. These inscriptions are partially buried beneath volcanic sand, rendering legibility intermittent and unstable. Movement across the track becomes irregular: slowed, obstructed, deflected. Progress is no longer linear but distributed across hesitation, misstep, and recalibration.

Rather than staging running as metaphor for transcendence or self-overcoming, the work insists on its material conditions: gravity, abrasion, breath, resistance. The volcanic sand functions simultaneously as obstacle and residue, as both a formal interruption and a historical material. It introduces a second temporal register into the piece: geological time folded into bodily time, eruption into routine, catastrophe into training.

SAGG Napoli positions the body not as a site of liberation, but as an interface subjected to protocols—of productivity, recovery, optimisation. Discipline here is not framed as heroism but as infrastructure: a system of repetition through which the body is shaped, sustained, and threatened. If love appears in the work, it is not romanticised but operationalised—as a binding force that sustains routine even as it erodes the subject who performs it.

The visitor does not encounter the installation as spectacle but as condition. To walk the track is to inhabit delay and deviation, to perform uncertainty rather than conquest. Progress collapses into maintenance. Training becomes indistinguishable from repair. The body moves—not forward, but through.

Sorry, No Shortcuts proposes endurance not as an ethical ideal but as a political one. It asks what it means to remain operational under conditions of exhaustion, when aspiration meets material resistance, when discipline begins to resemble survival. In an urban culture organised around speed, acceleration, and productivity, SAGG Napoli refigures slowness not as failure but as a form of exposure: to friction, to fragility, to the labour of continuing.